Nella cronaca di Firenze de "La Nazione", Alfredo Scanzani era il "Mago". Perché "leggeva" le stelle e si interessava di fenomeni paranormali. Occupandosi anche di "normali" che erano comunque dei fenomeni. Molto attento, Alfredo, anche alle tradizioni fiorentine, alle leggende, ai proverbi. Da qui la sua nuova "fatica": il libro "Fiorentin mangiafagioli", una scelta di centinaia e centinaia di ammonimenti davvero sorprendente, insomma, quella proposta dal collega Alfredo e Marta Questa con personaggi e luoghi nei detti e nei proverbi toscani, a cura di Polistampa per le edizioni Sarnus e già felicemente accolta in libreria.
Tante piccole sentenze, spesso incredibili, inattese e risalenti persino a molti secoli addietro, tutte pronte a sorprendere ed aiutare a riscoprire vita, storie singolari e dimenticate tradizioni delle nostre contrade.
Si tratta di un libro sui proverbi davvero diverso. Nessun detto generico, riferibile cioè a qualsiasi posto o nazione. Ciascuno di questi modi di dire fa nomi e cognomi, rammenta paesani e cittadini, quartieri (Come la compagnia del Ponte di Rifredi, pochi e mal d’accordo, oppure Largo donne, passa Gano...i’ duro di San Frediano; ancora: Le vere signore portano la pamela di Signa) feste e mercati, fiumi e torrenti (Arno non cresce se Sieve non mesce), tutti incontrati lungo un gioioso viaggio tra ciance (Vicchio Mugello, Scarperia coltello, Borgo scrittoio, Dicomano un cacatoio) storie, vizi, virtù, pettegolezzi (Peretola, Brozzi, Sesto e Campi la peggio la peggio genìa che Cristo stampi) e contraddizioni di Firenze, dei suoi abitanti e delle sue “terre” (Chianti fiorentino, Empoli, Mugello, Valdarno fiorentino, Valdisieve). Abbiamo inoltre piacevolmente riletto i “Maledetti Toscani” di Curzio Malaparte (sì, il cittadino del mondo che senza tentennamenti incise: Il difetto dei toscani? Non esser tutti pratesi), origliato nei cortili di Prato, curiosato dalla sorgente dell’Arno fino alla sua foce, ficcato il naso nella meteorologia popolare della Toscana (Quando Monte Morello c’ha il cappello e la Calvana la sottana, domani l’è buriana, D’Arezzo ‘un è bono neanche i’ vento), infine riesumate alcune imprecazioni della “Maremma salvamoccoli”, dalla diascola a quella sudicia e ‘mpestata.
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